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What if Sisyphus would be happy?
di Margot Prod’hom
Il teatro fisico rappresenta per me un partner insostituibile nella pratica di una filosofia senza parole. Dare corpo e ancoraggio a questioni fondamentali per renderli concreti in un modo universale e accessibili a tutti, indipendentemente dalle classi sociali, i livelli di istruzione, le lingue e le culture.
I tempi contemporanei stanno assistendo alla transizione da una società del sapere a una società del “sapere che”. L’aneddoto e la superficie sono di moda. Il sapere si accumula ma si svuota della sua sostanza: non è più contenuto, ma oggetto. Materializzazione, esteriorizzazione, cosmetizzazione, reificazione, appiattimento. Tutto è lisciato. Spessore, rugosità e ruvidità diventano rari. Perdiamo il piacere della piega.
Sapere è sentire la gravità, toccare la densità, sperimentare il rigore e la consistenza, diventare lucidi sull’opacità di ciò che ci circonda. La realtà è rizoma, una rete di complessità esponenziale. E il problema quando sappiamo è che non possiamo più dimenticare.
In un mondo chiuso, mi ritrovo. Ma di fronte a un mondo infinito, mi perdo. Quindi ci chiudiamo dentro. Eppure, mentre ci opprime, il sapere ci libera. Come ci si può emancipare quando si viene condannati a vita? Albert Camus scrive che la libertà della felicità di Sisifo sta nell’accettare il suo compito.
Chi è Sisifo?
Nella mitologia greca, Sisifo è stato condannato a vita dagli dei a spingere una pietra su una montagna. Ogni volta che raggiunge la cima, la pietra cade dall’altra parte e quindi deve ricominciare tutto da capo. La cultura occidentale lo ha reso un antieroe, ispirando paura e pietà.
Albert Camus (1913-1960), filosofo e scrittore francese, propone un’altra interpretazione: presenta Sisifo come l’eroe dell’assurdo. Secondo lui, “dobbiamo immaginare Sisifo felice” di fare il suo dovere continuando a vivere nonostante l’assenza di senso del mondo.
Camus spiega che è quando Sisifo scende dalla montagna alla ricerca della pietra che è libero di trasformare la sua punizione in vittoria attraverso la totale assenza di speranza (non la disperazione), la riflessione permanente (non la rinuncia) e l’insoddisfazione consapevole (non l’ansia giovanile).
Margot Prod’hom
Credits:
Occhi esterni: Paulina Alpen e Mats Süthoff
Assistenza tecnica: Jeele Johannsen
Luci: Christoph Siegenthaler